martedì 31 dicembre 2013

2014: Facciamo Resilienza Insieme

In questi ultimi giorni dell'anno mi sono imbattuto in alcuni servizi televisivi che avevano lo scopo di riassumere il 2013.
La maggior parte era catastrofica! Per carità, quello che è stato è stato; non bisogna mettere la testa sotto terra e far finta che i problemi non ci siano. Però sottolineare a tutti i costi solo il "negativo" serve solo a deprimerci ancor di più, ad alimentare i membri del club dei disfattisti.

Il 2013 è stato difficile e la cultura dello "scarto" non ha fatto alcun passo indietro. Detto questo scelgo di chiudere l'anno ricordandomi che esiste un atteggiamento psicologico che si chiama Resilienza.

In psicologia la resilienza viene vista come la capacità della persona di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne addirittura rafforzata e trasformata positivamente.
Ne ho già parlato in altri post del mio blog.

In rete ho trovato questa iniziativa partita in Ottobre che propone la storia di alcuni personaggi che la resilienza l'hanno praticata alla grande.
Il mio augurio a chi passa per le mie pagine è di prendere ispirazione e l'augurio lo estendo anche a ... me stesso!

http://www.repubblica.it/solidarieta/volontariato/2013/10/14/news/dalla_resilienza_al_riscatto_sette_testimonianze_dalla_resilienza_alla_rinascita-68564386/

Dall'architetto che sbarca con una borsa di studio negli Stati Uniti e finisce per progettare la ricostruzione di Ground Zero, alla National Geographic Adventurer dell'anno, che attraversa in mountain bike, unica persona al mondo, la valle di Panijshir in Afganistan, fino all'attivista culinario, che ha aperto il primo mercato solidale in Libano collaborando con Slow Food, e poi ancora il direttore del World Food Program (WFP) un singolare banchiere e filantropo, assieme ad un giornalista di fama internazionale. Sono questi i protagonisti che s'incontrano a Roma, in occasione del primo evento REBIRTH 2013.


Il mio augurio per il 2014: Facciamo Resilienza insieme 

sabato 21 dicembre 2013

Il cognome di Dio

Ma qual è il cognome di Dio
Siamo noi, ognuno di noi. Lui prende da noi il nome per farlo il suo cognome. ‘Io sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Pedro, di Marietta, di Armony, di Marisa, di Simone, di Vincenzo, di Maria Teresa, di Marianna, di Benedetto, di Antonio, di Pau, di Dario, di Alice, di tutti!’. 
Da noi prende il cognome. Il cognome di Dio è ognuno di noi”. “Lui, il nostro Dio ha fatto storia con noi, ha preso il cognome dal nostro nome”, “si è lasciato scrivere la storia da noi”. “Noi scriviamo questa storia di grazia e peccato e Lui va dietro a noi”. Questa “è l’umiltà di Dio, la pazienza di Dio, l’amore di Dio. E’ nostro!”.

E questo fa commuovere: “Tanto amore, tanta tenerezza, di avere un Dio così. La sua gioia è stata condividere la sua vita con noi. 

Avvicinandosi il Natale, viene da pensare: se Lui ha fatto la sua storia con noi, se Lui ha preso il suo cognome da noi, se Lui ha lasciato che noi scrivessimo la sua storia, almeno lasciamo, noi, che Lui ci scriva la nostra storia.

E quella è la santità: ‘Lasciare che il Signore ci scriva la nostra storia’. E questo è un augurio di Natale per tutti noi. Che il Signore ti scriva la storia e che tu lasci che Lui te la scriva. Così sia!.


I miei  auguri di Natale  presi in prestito da Papa Francesco 

(tratto da Messa Santa Marta del 17/12)

domenica 1 dicembre 2013

Quando il colore prende il sopravvento

Giornata di intensa tramontana oggi. 
Il cielo si fa azzurro e i colori prendono  il sopravvento.

Ore 12 circa, durante la S.Messa le vetrate illuminano Cristo Re
Ore 17 circa, dall'Apparizione del monte Fasce il sole già tramontato infuoca il cielo mentre Genova accende le luci.





sabato 30 novembre 2013

60 Suonati

La vita è musica!!! 
Suoniamola insieme.
La tua orchestrina
Marianna, Pau, Dario, Benedetto, Alice, Antonio, Giulio, Maria Teresa, 


Io suono il mio nuovo flauto YAMAHA YFL221

Grazie

venerdì 29 novembre 2013

Il mondo festeggia

Il mondo intero palpita per il mio 60° compleanno. 

Ma cosa rappresentano figli, moglie e amici che ti baciano, ti abbracciano, ti mandano SMS e ti telefonano. Dicono: "Sì, lo sappiamo che non è uno dei tuoi momenti migliori comunque sia, Auguri con tutto il cuore!".

Ma io ho consolazioni ben più grandi di queste. 
A me, dico, proprio a me: Vincenzo Trichini, scrive Trenitalia alle 00:01 minuti per augurarmi buon compleanno e consegnarmi 10€ di sconto (con un po' di se e di ma). Sapete, mi sono riconoscenti. Contribuisco con circa 100€ a settimana al loro fatturato, da un paio di anni. 



Per non parlare di Google che mi dedica un'intera pagina: Buon Compleanno Vincenzo!
Ma vi rendete conto? Sono nei pensieri di Google! A proposito, chissà se riuscirò a recuperare i 227,99 dollari che proprio ieri mi hanno fottuto tramite l'account Google...


Poi sapete tutte quelle agenzie online per il lavoro che si adoperano da oltre un anno e mezzo a propormi candidature per prestigiose mansioni professionali? Anche loro lo sanno che ho davanti a me un nuovo decennio: tutti i team mi fanno gli auguri! Uno di questi ha scritto anche che se gli invio il CV e 7 Euro e mezzo, mi danno dei consigli!!!



E poi altri e altri ancora che non cito per sfinimento.....

Sono fiero di appartenere a questa società così attenta ai bisogni delle persone. 
Chissà perché Papa Francesco si ostina a chiamarla l'economia dello scarto.

Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma  di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”. 

(Evangelii Gaudium N.54)



giovedì 21 novembre 2013

Che tempo fa il prossimo weekend

Per via del mio pendolarismo fra Genova-Roma-Genova, sono molto sensibile all'argomento che tempo farà a Genova il prossimo weekend.

Da un bel po', basandomi sulle sensazioni personali, mi sto lamentando sulla rarità di un fine settimana decente. Ma per passare dalla fase del "mugugno" e del "si dice" a quella dell'osservazione, sono andato sulla sezione dati storici del sito  www.meteo.it per avere informazioni concrete sulle recenti condizioni meteorologiche a Genova.

Bene, l'intuito è confortato ora da dati concreti.
L'unico mese senza precipitazioni nel weekend è stato finora il lontano Gennaio 2013.
Non si salvano né Luglio né Agosto.

Quando poi ho controllato delle sequenze temporali più lunghe ecco venire fuori che nel periodo Febbraio-Maggio sul totale di 17 settimane ben 13 week-end hanno avuto pioggia (o temporale o neve).

Infine, nell'ultimo periodo, da Settembre fino ad ogg, ci sono state 11 settimane di cui ben 9 weekend con brutto tempo; purtroppo la serie è destinata a peggiorare il prossimo Sabato-Domenica!




Qui il "come si cambia" ce lo potrebbero spiegare gli esperti dei cambiamenti climatici ma sull'accanimento del maltempo nei week-end il più indicato sarebbe, forse, il rag. Fantozzi.

venerdì 15 novembre 2013

La vita è un film

Gramellini scriveva nel febbraio 2013, in un articolo dal titolo  "I grandi vecchi"  che

La vita è un film muto. Contano i gesti, non i fiati.

Ora a parte il riferimento specifico alla storia personale e alla popolarità dei due personaggi ai quali si riferiva (Papa emerito Benedetto XVI che si era dimesso e Giorgio Napolitano che aveva accettato suo malgrado il re-incarico a presidente), la frase è molto bella ed è, come si dice, "ad effetto". 
Ho apprezzato i concetti  e li condivido ma...

... questo slogan mi suggerisce oggi alcune osservazioni.

La scelta della parola "fiati" è cruciale nell'emozione che suscita la frase. 
Se il giornalista avesse scritto:
La vita è un film muto. Contano i gesti non le parole....il significato, non solo sarebbe stato meno efficace, ma anche meno comprensibile.

In realtà in un film sonoro non ci sono  i "fiati", ci sono attori che recitano usando delle parole.

"Fiati"  ha però il potere, nella nostra mente, di provocare un cortocircuito con un noto proverbio:
"Aprire la bocca e darle fiato". Cioè parlare per riempire un vuoto. Per mettersi in mostra. Per confondere. Per sentirsi o far credere di essere importanti. 

Se questo è il parlare, la conseguenza, il suggerimento, è quello di affidarsi al film muto: suggestivo!

Però la parola, di per sé, non può avere il segno negativo davanti anche se  è vero che dovrebbe essere usata attentamente. Lo sapeva bene Gesù: "Il vostro parlare sia si si no no  (Mt 5,33-34.37)", ma azzerarla e ammutolirla  ha proprio l'effetto voluto, quello di una vera provocazione.

Allora se non possiamo fare affidamento su quello che esce dalla bocca affidiamoci all'azione!

Ma anche qui in realtà... ci sono gesti e gestacci, gesta e gestualità, ostentazioni e pose. Anche un attentato è un gesto, lo è anche una guerra, è un'azione anche rubare, corrompere, uccidere.
Quindi, ahimè non possiamo rifugiarci solo sul valore dei gesti. La vita non è un film muto.


La vita è un film sonoro: contano la sceneggiatura, la recitazione, la trama, la durata, le inquadrature, la fotografia, la colonna musicale... e naturalmente il Produttore.



giovedì 14 novembre 2013

Lentamente muore, anzi lentamente vive

Lentamente muore (Ode alla vita)

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.


Muore lentamente
chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo
quando è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita,
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in sé stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce
o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza 
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

Questa poesia di Martha Medeiros è generalmente considerata opera di Pablo Neruda.
Martha Medeiros - Porto Alegre, 1961 - Giornalista, scrittrice e poetessa brasiliana


Ci sarebbe da soffermarsi ad ogni punto. 
In periodi crisi e di lamentele suggerisce un approccio coraggioso. 
Se provo a specchiarmi in queste parole mi vedo pieno di contraddizioni, di paure, di slanci che poi lascio ricadere, di gesti appesantiti dalla gravità...
Mi piace cambiare i percorsi e il ritmo della marcia, spesso la vita mi ha costretto farlo a farlo, altre volte l'ho scelto. Quando non lo scelgo io mi sento spaventato. 
Ho imparato  parlare con chi non conosco: da bambino provavo vergogna solo a entrare nel negozio e chiedere un chilo di pane...
Ho potuto liberarmi da tanti guru, non solo da quello televisivo.
Alle mie passioni ho imparato dare spazio, ma non ancora abbastanza.
Ma la passione che metto per le cose che faccio spesso mi procura disillusioni amare.
Sono lontani i tempi dei puntini sulle "i", ma li ricordo dolorosamente.
Così tante volte ho imparato dagli errori e così tante volte ad ogni errore mi sconforto. 
Il coraggio di ribaltare il tavolo del lavoro non l'ho ancora avuto... e ultimamente mi ha portato più infelicità che felicità.
Trovare grazia presso me stesso ha richiesto un duro e lungo lavoro interiore da non smettere mai.
Ho il coraggio di fare domande sulle cose che non capisco e non abbandono i progetti che inizio ma sono impaziente e un po' mi trastullo nella lamentela....

lunedì 11 novembre 2013

innamorarsi un po' per caso?

Quando cominciamo una nuova edizione del corso di preparazione al matrimonio ci piace ascoltare dalle varie coppie come si sono conosciute e come è scattata la scintilla dell'innamoramento.

Così è stato anche ieri con il nuovo gruppo di giovani che abbiamo conosciuto.
Come sempre è un momento molto buffo e tenero.


Per esempio c'è una lei che subisce uno scippo, cade per terra e quando va a fare la denuncia incontra un ex compagno di classe che la aiuta a districarsi all'interno della Questura...

C'è chi avvia una conversazione per un semplice malinteso all'esterno di una rumorosa discoteca. 
"Ciao di dove sei?"  
"Di Recco" risponde lui.
Peccato che lei capisce "Greco" e controbatte: "Ma di quale zona?"
E lui pensa: "Che strana domanda, Recco è solo un paesino" e risponde: "Del centro".
E lei nella sua testa: "Oh poverino sarà proprio solo" e ad alta voce: "però parli proprio bene l'italiano".
E così via finché, quando finalmente l'equivoco si scioglie, oramai è passato abbastanza tempo perché lui e lei abbiano maturato il desiderio di conoscersi meglio e rincontrarsi.

Poi ci sono le classiche feste di compleanno alle quali lei o lui partecipano per l'insistenza di un amico/a e dall'altro lato del tavolo, inaccessibile, c'è una faccia per la quale improvvisamente si accende un riflettore interno che poi non si spegne...

I colleghi di lavoro non mancano neanche quest'anno e neppure i lunghi corteggiamenti alla fine dei quale il futuro partner si accorge che c'è ben più che una bella amicizia...

Veramente originale infine la coppia che si è conosciuta in autobus. Un gruppo di tifosi Sampdoriani commentano l'ultima partita della loro squadra e ricordano l'anno dello scudetto: "...Ma chi ha fatto il gol del 3-0 con il Lecce?".
La nostra Lei è una sfegatata e un'accanita tifosa. Si intromette e suggerisce: "Vialli!", ma viene ignorata. E di nuovo: "... è Vialli!" Poi rivolgendosi al ragazzo accanto, apostrofa piuttosto indispettita: "Ma quello lì proprio non mi considera!".
La risposta che arriva è inaspettata: "Quello lì, sarebbe mio padre..."
Quanto basta, dopo il naturale imbarazzo, per solidarizzare fra tifosi e iniziare una storia d'amore, di lì a breve.

L'anno scorso un'altra situazione proprio ridicola.
Entrambi sono stati invitati a una festa mascherata ed entrambi si sono presentati... senza maschera! E così ci si riconosce e si passa la prima serata insieme.

E ancora quelli che si conoscevano da bambini. Tutte le estati a giocare insieme. Un giorno, il bambino interrompendo il gioco guarda la bimba e le dice: "un giorno ti sposerò". Un attimo di silenzio e poi riprendono a giocare. 
Passano gli anni, ognuno con  le proprie storie d'amore, finché  dopo alcune delusioni, scoprono che la loro lunga amicizia si sta trasformando in innamoramento.

venerdì 8 novembre 2013

L'ho fatto!

E infine, l'ho fatto!

Dopo qualche anno di partecipazione ho deciso di rimuovere il mio profilo su Facebook.

Negli ultimi tempi l'ho seguito con sempre meno interesse e coinvolgimento.
In questo momento il bilancio sulla condivisione dei post con gli "amici" non è positivo. 

Certamente sono consapevole di perdere qualcosa: foto e notizie  di persone che vedo raramente, o che considero veramente amiche, che probabilmente in altro modo mi sarà difficile ottenere, ma al momento preferisco pagare questo scotto. 

Alla fine, di Facebook, mi rimane un senso di confusione e di babele: una sovrapposizione di nomi, immagini e parole; una quantità di informazioni inutili; il dover subire l'uso del mezzo come megafono di proclami di ogni tipo; di discussioni infinite che non portano a niente...

Mi sono detto: "ma se questo è il mio sentire, chi mi obbliga a stare qui dentro?"


Rimango affezionato all'idea del Blog dove, sottovoce, posso pubblicare il mio diario pubblico, le mie idee  e le mie aspirazioni. Dove nessuno è "costretto" a leggermi (o subirmi) perché è "amico". Un punto di contatto da utilizzare quando se ne ha voglia...

Magari, questo sì, appena possibile mi occuperò di cambiargli indirizzo in modo che il nome sia meno criptico.

lunedì 28 ottobre 2013

Legàmi

Il card. Angelo Bagnasco, in preparazione dell'anno della famiglia 2013-14 ha scritto una lettera alle famiglie della Diocesi di Genova.

Per chi volesse leggerla qui link al Cittadino.

Io vorrei soffermarmi su breve passaggio che mi ha colpito durante la lettura.

...La coppia è legame, cosa che oggi è spesso percepito come un limite insopportabile. Ma la questione non è il legame ma l'amore.

Dopo questa frase mi sono fermato. Mi sono detto: 'forse non ho capito bene'. Lo rileggo.
...La coppia è legame, cosa che oggi è spesso percepito come un limite insopportabile....
 Legame uguale limite insopportabile...

Ci penso un po': legame suona come laccio, corda che lega, qualcosa che limita i movimenti, una catena al collo....

Che strano, sarà per via degli studi che ho fatto ma a me la parola "legame" evoca istintivamente qualcosa di diverso.
Un legame mi fa pensare alle forze della natura: c'è il legame chimico, quello elettrico-magnetico, l'attrazione gravitazionale...

A fatica riesco ad associare a quella parola il senso della limitazione di libertà e di costrizione.
Due particelle o due molecole creano un legame perché sono attratte una verso l'altra. Quell'attrazione non è un "limite" semmai è la conseguenza del loro tendere verso una situazione di maggiore equilibrio.

Prendo da wikipedia: I legami chimici "più forti" hanno un contenuto energetico maggiore e sono più difficili da rompere, mentre i legami "più deboli" hanno un contenuto energetico minore e sono più facili da rompere. Da ciò deriva che le molecole che hanno al loro interno legami chimici più deboli sono più instabili. 
Il legame chimico funge da forza attrattiva, alla quale è contrapposta una forza di tipo repulsivo (che aumenta di intensità al diminuire della distanza), per cui la posizione reciproca degli atomi è una posizione di equilibrio data dall'azione contrastante delle due forze.

Una semplice metafora, ma l'idea mi è piaciuta.

L'ho pensata applicata al legame del matrimonio fra un uomo e una donna, e anche alla mia storia personale.

Un legame che è un tendere verso il futuro, verso il meglio.
Un legame, per dirla alla papa Francesco che non è provvisorio.





mercoledì 23 ottobre 2013

Il colore della vendetta.

Brevissimo racconto di... ehm, l'ho scritto io.

Lentamente i pensieri del giorno defluiscono lasciando spazio ad altre immagini più sfumate, quelle che precedono il sonno.
Zzzz
C'è ancora bisogno di qualche respiro lungo, quello necessario a trovare quell'equilibrio interiore che consente di regolarizzare il respiro; ancora il tempo per spostare la mano in una posizione....

"Zzzz?"
Come sarebbe a dire: Zzzz?

Mi tiro su dal letto di scatto e accendo la luce del comodino; ora sono completamente sveglio, con un stato d'animo fra lo sconcerto e  l'apprensione.

E' il 22 Ottobre, cosa ci fa una dannata zanzara nella mia camera?
Salto giù dal letto. La caccia è aperta.
Ci metto poco tempo ad individuarla sulla parete, là sopra la mia testa. Mi armo di bombe termonucleari e mi avvicino. 
La vedo bene: piccola snella e soprattutto sveglia; non mi dà il tempo di avvicinarmi che è già sparita.

I dieci minuti successivi sono un'inutile appostamento fatto di movimenti della braccia scoordinati, che avrebbero lo scopo di farla tornare in volo, e momenti di immobilità per spingerla a uscire allo scoperto. 
Purtroppo il "drone" nemico sembra sparito; non mi resta che cospargermi di "Off" nella testa, nelle orecchie, nel collo, nelle mani. Mi rimetto a letto con uno sgradevole odore di citronella che mi circonda.
Comunque sono salvo, penso.

Ore 2.33
Un fastidiosissimo prurito al polso mi risveglia. Ci siamo. La Dannata ha banchettato!
In breve, anche se istupidito dal sonno sono di nuovo in piedi. 

Eccola la vedo di nuovo. Il bersaglio è nel muro destro; altezza un metro e venti da terra; distanza un metro e cinquanta. Perfetto!
Afferro saldamente la ciabatta a neutroni disintegranti (Decathon euro 6) e mi avvicino.

Non avere fretta, mi dico, mentre avanzo lentamente con l'arma devastatrice impugnata e salda nella mano destra.
Venti centimetri dal contatto.
Ciaff!
Un solo colpo e sul muro appare una piccola macchia nera.
...
...
Nera?
Con aria affranta giro la testa a destra e sinistra. "Dove sei dannata zanzara? E' il rosso il colore che sto cercando per la mia vendetta.

mercoledì 16 ottobre 2013

Cambiare: è quasi impossibile o molto facile?

Cambiare è nello  stesso tempo quasi impossibile, un po' più difficile, non è difficile, è molto facile...dipende da cosa vogliamo cambiare!

Benvenuto Vasco fra quelli che hanno la consapevolezza che si può cambiare solo se stessi.....faresti la rivoluzione.

Mica poco! Infatti Cambia - Menti.




Cambiare macchina è molto facile
Cambiare donna un po' più difficile
Cambiare vita è quasi impossibile
Cambiare tutte le abitudini
Eliminare le meno utili
E cambiare direzione
Cambiare marca di sigarette
O cercare perfino di smettere
Non è poi così difficile
È tenere a freno le passioni
Non farci prendere dalle emozioni
E non indurci in tentazioni
Cambiare logica è molto facile
Cambiare idea già un po' più difficile
Cambiare fede è quasi impossibile
Cambiare tutte le ragioni
Che ci hanno fatto fare gli errori
Non sarebbe neanche naturale
Cambiare opinione nonè difficile
Cambiare partito è molto più facile
Cambiare il mondo è quasi impossibile
Si può cambiare solo se stessi
Sembra poco ma se ci riuscissi
Faresti la rivoluzione
Vivere bene o cercare di vivere
Fare il meno male possibile
E non essere il migliore
Non avere paura di perdere
E pensare che sarà difficile
Cavarsela da questa situazione

sabato 5 ottobre 2013

London vs Dublin

Certo che fare il turista al termine di intense giornate di lavoro non è il metodo migliore per conoscere i posti e tanto meno di fare turismo.
Però è anche vero che andare a zonzo in centro senza l'assillo di un programma di visite da rispettare, permette di stare in contatto con il "clima" della città.
Questa volta due soggiorni ravvicinati a Londra e Dublino hanno fatto l'effetto di lasciarmi il ricordo di una Londra troppo impersonale nella sua variopinta multi-etnicità. Tanti impiegati che tornavano a casa, tutti di corsa, tutti a testa alta, in quella tipica posa di chi cammina "sopra le righe" e l'espressione che è la maschera delle persone in carriera (o presunte tali)...

Dublino invece, pur non avendo il luccichio di Londra, l'ho trovata molto vivibile, piena di giovani, con persone che ancora si fermano per strada per chiederti se ti serve una mano per orientarti.
Certo bisogna scordarsi le serate italiane (e soprattutto romane) dove puoi trovare un tavolo al ristorante anche alle undici di sera; massimo entro le nove devi avere i piedi sotto il tavolo, altrimenti lo stomaco lo riempi solo di birra....

Gogarty in Temple Street. Piano terra: birra musica celtica; primo piano: birra e musica country; secondo piano: ristorante (stufato irlandese)

"Temple bar" dà il nome alla via. Passeggiare di notte nella strada con la musica dal vivo che ti raggiunge è elettrizzante...

L'arpa è uno dei simboli dell'Irlanda. Questo ponte girevole vuole riprendere l'idea.

Alla luce del giorno i portoncini di Merrion Square sono bellissimi, lo sono anche di notte ma la foto non rende giustizia.

The Celt è un pub con musica dal vivo tutte le sere. Meno turistico ma più vicino alla cultura irlandese.

Qui a Grafton Street si fanno gli acquisti. Belli i palazzi e bella l'atmosfera, ma i colleghi di Dublino dicono che le stesse cose si trovano in negozi oltre il fiume, a metà prezzo.


Molly Malone (Cockles and Mussels, Vongole e mitili) è l'inno ufficiale della città. Figura immaginaria di donna prosperosa pescivendola di giorno e lucciola di notte.
La fisarmonica è molto popolare nei pub...e anche la guiness naturalmente.
Di Londra salvo solo Coven Garden quasi deserta di notte
...e il ristorante con le pareti imbiancate dove ho cenato

lunedì 9 settembre 2013

Storia di una tenda a perline

Tutte le cose hanno una storia.

Quella che vi propongo è la storia di una tenda da porta che nella sua vecchiaia ha vissuto giorni di vera felicità.
Quando fu adottata era la primavera del 2007. Maria Teresa ed io la scovammo in un negozio di Albisola e senza sapere niente del suo passato ci innamorammo di lei.
Quando la sistemammo nell'ingresso della casa di campagna di Torrazza, sembrava essere nata proprio per stare lì. Accarezzata dalla brezza rispondeva  con un dolce tintinnio sonoro delle sue perline. Illuminata dal sole occhieggiava un po' civettuola con i suoi splendenti riflessi verdi e bianchi.
Quante cure e attenzioni in quell'anno di grazia!
"Attenti, raccogliamola tutta da un lato che sta per arrivare una tempesta". "Attenti quando l'attraversate che rischiate di strappare un filamento"...
Quando giunse Settembre la sfilammo dalla sua sede e la adagiammo delicatamente sul sofà in attesa di ritornare la successiva stagione estiva.

Poi inevitabilmente il primo strappo e poi il secondo e poi dal terzo in su si smette di contarli e lamentarsi. Quindi un inverno trascorso all'aperto esposta al freddo e al vento e la brillantezza cominciò a perdersi...









Insomma sapete come va con le "cose", niente era cambiato ma tutto era cambiato. Per la verità a suggellare il mai mancato affetto anche la scelta di utilizzare la sua immagine come sfondo di questo blog, un evidente segno d'amore, vi pare?
Però intanto fra noi si vociferava sulla sua prossima sostituzione... prima o poi.
Poi arriva questo fine settimana. 
Mamma Marianna e il piccolo Pau per la prima volta a Torrazza! 
Quanti ricordi dei nostri tre bimbi cresciuti su quel prato, attorno a quegli alberi da frutto, all'abete ormai alto come la casa...



Quando ho scaricato le foto che ho scattato a raffica mi sono reso conto che c'era una discreta e costante presenza di sfondo a tutto quello che facevamo: la tenda.

E allora mi sono reso conto che aveva una luce nuova quel suo stare lì.
Era merito della presenza dello scatenato Pau che la attraversava correndo e sfidando i gradini o che se la faceva scorrere sopra i suoi riccioli biondi o che la tirava come una campana. Lei stava ora aperta ora chiusa, sempre per creare nuovi giochi di luce.
Le perline ormai un po' scolorite? Ma quando mai! Per tre giorni si sono rigenerate pur di attirare quelle manine di bimbo. 
Vita nuova!
Com'è tenera la nostra vecchia e cara tenda della porta, della casa di campagna, di Torrazza.
Grazie tenda.





lunedì 19 agosto 2013

In cammino

Leo e Fra hanno fatto irruzione per qualche ora nella nostra vita.

Chiesa di Nostra Signora del Rosario e San Bernardo

Non sembrava l'orario più  indicato per liberarsi dei sacchetti della spazzatura. 
Il sole di mezzogiorno batte inesorabile senza alcuna bava di vento a mitigarlo e dalla padella, in cucina, dove cuoce il sugo di carne,  proviene un odore di lavori-in-corso molto promettente, ma tant'è Maria Teresa ha preso la sua decisione e va.
Dopo pochi minuti mi  sono già dimenticato della spazzatura, al fresco, guardo la TV. 

Mi sorprende il sentirmi chiamare dal prato; mi affaccio dalla porta e trovo Maria Teresa in compagnia di due ragazzi con zaino in spalla. 
Me li presenta, sono appunto, Leo e Fra. L'hanno intercettata sulla strada: " Signora lei è la nostra prima vittima...". Con i tempi che corrono è abbastanza per rimanere un attimo sconcertati. Poi proseguono: " ... abbiamo iniziato un pellegrinaggio in spirito di povertà, senza cibo nè tenda; sono le dodici e trenta; sarebbe la nostra prima sosta; ci siamo fatti coraggio e abbiamo fermato lei...".
L'invito a pranzo scatta.
Intanto che aspettiamo Bene ed Anto li dissetiamo e ci conosciamo un po'. Sono novizi della Compagnia di Gesù (ma guarda un po' alla televisione stavo ascoltando un programma il cui ospite era un Gesuita che stava parlando del card. Martini...) sono partiti in coppia da Genova; stanno facendo questo "esperimento", così lo chiamano loro, sono diretti al Santuario di Lanzo Torinese,  a piedi, senza un programma preciso, senza riferimenti dove dormire e mangiare.

Il pranzo con i nostri figli procede in un clima di stupore per l'avvenimento insolito e di condivisione dei vari racconti di sé . C'è sintonia, rispetto, gratitudine.

Il sugo è veramente ottimo e mantiene le sue promesse!

Quando riprendono il loro percorso, Leo e Fra,  li abbiamo già conosciuti da sempre; così diversi fra loro, nel carattere e  nelle circostanze che li hanno di avvicinati a una Fede consapevole che ha il sapore della Libertà. Uniti in questo viaggio che racchiude ben più dei 200 chilometri che li separano dalla meta.

"Buona strada", gli augurano Bene ed Anto che se ne intendono di cammini Scout.
"Buon cammino" ripetiamo  Maria Teresa ed io, "che tutti di cammino ne stiamo facendo uno".

Grazie per averci fatto conoscere qualcosa dello spirito di Ignazio, grazie per aver ascoltato anche qualcosa del nostro cammino di coppia.

Grazie a Leo e Fra per aver fatto irruzione nella nostra vita, con la sensazione che in qualche modo non ne usciranno a breve.

martedì 13 agosto 2013

Pensieri sparsi di un viaggio nel Ragusano

Negli ultimi anni il baricentro del mio mondo si è inevitabilmente spostato verso la Spagna dove il richiamo di una figlia e di un nipotino si è fatto prepotentemente sentire...
Ma che nostalgia della Sicilia!

Gli ultimi chilometri in macchina arrivano quando la notte è già piena; il tom-tom ha scelto per me una strada secondaria, il fondo un è po' dissestato e i muretti  a secco sembrano, alla luce degli abbaglianti, restringere ulteriormente la già ridotta carreggiata. 
Oltre l'ombra dei carrubi e degli olivi più vicini domina un buio totale. 
Ci sarà tempo domani per abbagliare gli occhi con la luce della campagna secca e accaldata, per ripercorrere con lo sguardo il profilo dei monti Iblei che la sera si tingono di rosa, delle piane disseminate di serre da cui fanno capolino macchie rosse di pomodori che, come il richiamo di sirene, sembrano dire "mangiami, vieni, mangiami".



Affondo i piedi sulla sabbia ancora tiepida del mattino per avvicinarmi al mare. Ma prima bisogna affrontare il rito del buco, per fissare l'ombrellone; profondo e sottile, con movimenti regolari e sicuri come il gesto tecnico di un atleta.
Guardo il mare nel quale, sotto la superficie piatta, si vedono affiorare delle secche di sabbia. Improvvisamente mi riconcilio con questo elemento. Sono anni che, quasi avessi fatto un voto di castità con l'acqua del mare, mi sottraggo al piacere di un bagno sia in Liguria che in Catalogna; ma qui è diverso, l'elemento lo avverto rassicurante e invitante.
Quando torno a riva mi posso sdraiare nel bagnasciuga e lasciarmi insabbiare. Faccio finta di scavare una buca ma quello che cerco è il contatto con questa sabbia impalpabile e bionda; la lascio scorrere fra le dita come fosse un miele da ammirare.

L'ora del tramonto è la più bella, poco prima che il sole si adagi all'orizzonte per sparire nel mar Mediterraneo. Entrare in acqua e lasciarla scorrere nel collo è una goduria di fresco che ti tonifica ripagandoti di colpo delle ore più calde subite; nuotare diventa gioia.


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La notte è calda, il primo mattino rumoroso, le finestre spalancate e il ventilatore stanco di macinare giri da tante ore. Sono proprio come le notti che ricordavo prima dell'invenzione dell'aria condizionata che sterilizza tutto.
Si filosofeggia al mattino: stanotte in cucina c'era un filo di vento; quest'altra notte era più caldo; domani sarà peggio; ma chi è che si ferma qua sotto alle cinque del mattino a parlare così forte?; stamattina c'era più traffico, sì c'è il mercato, erano i furgoni; a Torino e Genova c'era la grandine....


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Ancora il tom-tom: o ti fidi o non-ti-fidi. 
Mi fido (per questa volta) ed eccomi di nuovo in una provinciale buia e stretta; venti chilometri senza incontrare nessuno, su e giù, tornanti e rettilinei in un paesaggio ignoto perché dipinto di nero, senza luna. Forse se mi fermassi potrei vedere un cielo stellato che ormai ho dimenticato, ma viene fretta, perfino un po' di paura, come se questa strada non dovesse mai più terminare, come se dietro la curva potesse spuntare un brigante o un animale feroce...ahimè siamo diventati uomini e donne della città affollata: silenzio e buio, sì ma non troppo, grazie!


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Per fortuna c'è Montalbano. Sì perché questa terra Iblea sembra a chiazze riconoscibile dietro la macchina da presa degli episodi dello sceneggiato. Certo, mi rifiuto di pagare dei soldi per visitare l'ufficio del Commissario, ma le strade fra le case bianche, le facciate barocche, i portoncini scoloriti, le ville padronali, il mare improvviso, sono lì liberamente fruibili. 
Qui è dove quella grassa signora apostrofava: "Chi buliti?" , là dove c'erano le "buttane della mannara", questa è la chiesa dei funerali, lassù il bar del giovane Montalbano. E così via, che suona quasi come "è così sia".

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Lo sapevo che la dieta prima della Sicilia era fondamentale! Non c'è modo di resistere: olive, tumazzu col pepe nero, caciocavallo, pasta con la capuliata, pasta con le melanzane, scacce, fichi, fichi d'india (li sbuccio io che lo so fare), pesce cucinato dalla pescheria, arancini, salsicce, ricotta calda appena tirata su (effetto secondario intestinale incluso), granita al gelso e alla mandorla, cannolo e zibibbo, cannolo ma-questo-è-più-buono, cioccolata di Modica, dolci alla mandorla, Cerasuolo di Vittoria, Nero d'Avola. Mi viene in mente un'altra vacanza in Sicilia quando la ragazza che ci offriva i dolci, vedendoci titubanti esclamava: ".... questa è una goduria dei sensi"


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Cimitero di Vittoria: finalmente la mia mamma. 
Non c'è bisogno di nascondere la commozione nel toccare la pietra bianca dove la sua foto mi ricorda in ogni dettaglio la sua prorompente vitalità siciliana. Il vestito colorato e senza maniche, la lunga collana bianca di perle. Il viso troppo giovane per essere già lì. Riposa in pace!
Con pochi euro abbiamo acquistato un abbraccio di fiori colorati da distribuire anche ai nonni. Certo ce li siamo conquistati perché i fiorai fuori dall'ingresso erano già chiusi, le indicazioni sul vivaio un po' vaghe e il cimitero molto lontano dal paese. Dopo il "distributore a destra" e dopo qualche chilometro ci ritroviamo in una serra che vende palme. Tornate indietro, dopo il distributore a sinistra, ma lì ci sono case abbandonate polverose affiancate a villette abitate. Dopo il distributore, dritto. Fatto!


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Dici siciliani, dici ospitalità. 
Sono solo le 22.30 e la pasticceria più famosa di Modica ha appena chiuso. Ma questa ragazza siciliana, amica del figlio degli amici (per dire: appena vista e conosciuta) non si dà pace e ci vuole accompagnare ad un'altra pasticceria, che forse è aperta; intanto ci racconta il barocco e della rivalità fra i sostenitori del Duomo e dell'altro Duomo. Anche la seconda è chiusa e anche la terza. Ci dobbiamo accontentare della "quarta scelta". Si fa per dire il cannolo era buonissimo.
Gli amici degli amici che ci hanno messo a disposizione la casa di Scicli per la nostra vacanza li abbiamo appena conosciuti ma sembrano nostri parenti. 
Siamo subito in confidenza tanto che rimango stupito delle cose della mia vita che mi sento di raccontare e come se non fosse abbastanza la graditissima ospitalità, aggiungono inviti per grigliate nel loro giardino in mezzo a palme, piante grasse e ulivi, per una serata in agriturismo dove, per via del caldo, si smontano le finestre in alluminio, per avere più aria; e poiché  in questo culto per l'ospite i siciliani non hanno mezze misure, arrivano ogni giorno anche melanzane e altre meraviglie della terra.
Noi che veniamo da regioni meno aperte all'accoglienza siamo quasi in imbarazzo; forse siamo troppo legati alla mentalità dell'equilibrio del dare-e-ricevere. Come potremo mai sdebitarci? Mi viene in mente il proverbio: "Sun zeneize risu reu strinsu i denti e parlu ceu!", altre bellezze...


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I parenti stretti sono sparsi per la Sicilia e fuori dalla Sicilia, ma in pochi giorni riesco a vedere un concentrato di chi abita a Vittoria, Torino, Pozzallo, Catania, Milano e altri che non ho visto questa volta sono a Trapani e a Trento... 
Ci vediamo e sentiamo troppo poco, noi trichini siamo fatti così, mi dico per scusarmi da solo, anche papà Toledo aveva orrore del telefono, proprio come me... Ma rivedere le zie e i cugini è un tuffo carpiato nell'infanzia e nei ricordi, passano anche di lì i fili delle radici e quando anche ai miei figli scappa di dire: "quanto tempo che non vado in Sicilia, mi manca", mi sento orgoglioso di aver trasmesso un po' di questo DNA.