martedì 31 ottobre 2006

Sondaggio sui Santi

C'è stato un sondaggio di Famiglia Cristiana sui Santi.
Primo Padre Pio, secondo Antonio e così via.

A mio avviso, pessima idea.

Leggo su Repubblica.it i commenti su un blog pubblico sull'argomento.
Delusione!

Scrivo un commento anch'io:

Sì, trovo che l’idea di far votare un Santo è veramente piccina e lontana dal messaggio evangelico, ma mancanza di rispetto, volgarità e arroganza verso chi esprime come sa e come può la propria esigenza di religiosità, è un segno di barbaria e di disprezzo verso la propria gente. Gli atei veri sono dei “signori”. Il mondo non si divide fra credenti e non credenti ma fra fra pensanti e non pensanti. Si dimostri di appartenere alla seconda categoria rispettando tutti, anche la vecchietta che prega davanti a padre Pio!

lunedì 30 ottobre 2006

Antonio, guerriero di Dio

Il mio terzo figlio si chiama Antonio, più per ricordare un amico che non c'è più che per devozione al Santo.
Un film sulla sua vita mi ha incuriosito perchè tutto sommato di Antonio da Lisbona detto Antonio da Padova, sapevo proprio poco e quel poco era piuttosto smelenso e legato a consunte iconografie popolari.
Ne ho ricavato invece l'idea di un uomo forte e unico che sembra stare quasi tra il Che, Gandhi e GiovanniPaolo Secondo.
La forza delle sue parole contro i ricchi sembra essere una requisitoria attualissima nello scenario della globalizzazione dello sfruttamento dei popoli.

Discorso davanti ai Domenicani a Forlì:

So, cos'è la vanità e ancor oggi me ne sto pentendo e mi addolora e mi raggela l'anima, cercavo Dio tra i manoscritti, nella comodità di un convento. Volevo poi innalzare il mio nome con il ricordo di un martirio in terra d'Africa.
vanità, orgoglio, presunzione.
Io, Dio. Oggi mi accorgo che una semplice, umile consonante cambia tutto.
Io, io non sono nulla.
Dio è tutto.
Io non so dove il mio corpo perverrà per il mondo, ma affido i miei passi. Sono accompagnato dal vento, dalle stelle , dalla pioggia, dal sole.
Non abbiate paura, tutto non finisce qui!
No!



A Padova, sotto le finestre del più tremendo degli usurai:

Valrico, siete come lo scarabeo che raccoglie molto sterco e con grande lavoro lo appallottola; ma ad un tratto passa un asino che mette lo zoccolo sopra lo scarabeo spiaccicando l'uno e l'altro in un attimo.
Pensate di portare la vostra ricchezza nell'angusto ingresso che è la porta della morte, che a stento potrà attraversare l'anima sola e nuda?
I ricchi pensano di essere Dio...
Coraggio, popolo di Padova, danneggiato nel corpo e nello spirito dagli usurai!
Il tempo della vostra ingiustizia sta finendo!
Parlo a te Tebaldo, a tutti i banchieri e alle nuove perfide genie che tra di voi si stanno formando.
Vi siete arricchiti sul pianto, sul sangue di chi ne aveva bisogno, avete reso poveri i ricchi e cancellato dalla vita i poveri, senza pietà, solo per il vostro riscontro, per la vostra ricchezza che a nulla vi servirà.
Siete bestie feroci, perfidi usurai, siete cresciuti forti, innumerevoli sulla terra, avete denti da leone, non rispettate nè il Signore nè gli uomini.
Chiunque di voi abbia anche una sola piccola piaga come cani gliela leccate; io garantisco che quella piaga ora è mia ed io la sanerò nel nome di Dio.

Trascrizione del testo di Teresindelpigo. Grazie

Clicca qui per notizie sul film e su Antonio

sabato 28 ottobre 2006

Cena di pianerottolo


Il mio caseggiato è piuttosto grande: 48 condomini e come tanti altri è molto litigioso.
In questi anni tra ammanchi dell'amministrazione, denunce fra vicini di casa e ai fornitori, blocchi della caldaia per irregolarità, porte bruciate per oscure ripicche, quello che era un condominio privilegiato si è ridotto a un anonimo agglomerato di persone diviso in fazioni che si guardano con sospetto!

In questo quadro, ieri sera in casa mia abbiamo consumato la prima cena di pianerottolo.
Siamo tre famiglie; noi cinquantenni, i nostri vicini di destra e di sinistra di una generazione più giovane, sono trentenni.
Era un po' che ne parlavamo e finalmente abbiamo finalizzato. D'altronde la nostra vicinanza era già consolidata dall'amicizia e stima reciproca, quindi non c'era alcun imbarazzo.
I cuochi e le cuoche di turno hanno dato il meglio di sè, salvo qualche lamentela delle signore perchè i mariti, tre ingegneri!, si sono soffermati un po' troppo a parlare di computer, wireless, i-pod e amenità varie.
La piccola Chiara, che da qualche mese cammina, si è dimostrata molto interressata alla telefonia fissa del mio appartamento cercando di sradicare la postazione e ha dimostrato grande conoscenza della musica progressiva-rock portando in giro per la casa un CD dei Gentle Giant.
Le foto del recente viaggio in Israele dell'altra coppia hanno innescato una disputa teologica su chi ha il possesso di alcuni altari del Sacro Sepolcro fra Ortodossi e Cattolici, ma poi il "sacro testo" della guida turistica ha chiarito perfettamente i termini della questione.
A mezzanotte circa la serata si è conclusa; io ho aggiunto ancora un Pantorc (!).

martedì 24 ottobre 2006

Impossibile comunicare

(Sogno 22/10)

Sono in Cina, non riesco a comunicare con nessuno.

Un sogno poco fantasioso: il giorno prima ero andato a vedere il film - La stella che non c'è - di Gianni Amelio.
Il protagonista si trova in una situazione analoga, ma tant'è, si vede che il contesto ha evocato nel mio subconscio questa paura.
Non racconto la trama del film [è un po' lento ma vale la pena vederlo senza crearsi troppe aspettative come invece ho fatto io].
Ma mi chiedo, Vincenzo Buonavolontà ha vinto o ha perso nel suo tentativo di riportare la centralina da sostituire nell'impianto?
Visto oggettivamente ha "perso"; il pezzo, riconsegnato a costo di incredibili peripezie, è stato buttato via; fatica inutile, verrebbe da dire.
Solo un'illusione l'aver raggiunto lo scopo.
Visto soggettivamente, ha "vinto". Dentro di sè ha vinto, perchè ha completato il suo percorso. Quello che succede dopo (la centralina cestinata) non appartire più alla sua sfera, è un problema di qualcun altro.
Vincenzo ad un certo punto ha abbandonato la guida che conosceva la sua lingua e lo accompagnava in un mondo sconosciuto; sente che deve affrontare il resto del viaggio da solo.
Solo in un mondo dove non solo la lingua è aliena, ma anche la cultura, così come ogni gesto quotidiano.
Comunicare è un'impresa impossibile, anzi sembra un'impresa impossibile.
Nonostante la sua meta sia vaga, il nome di una città impronunciabile, senza alcun indirizzo, lo scontroso Vincenzo armato di ingenuità e di innocenza, non cede mai al panico, tira dritto, finchè incontra qualcuno deputato a ricevere il suo pezzo di ricambio revisionato e torna indietro pronto a costruire il capitolo successivo della sua vita.

Comunque del mio sogno non ricordo altro, non so aggiungere come si risolveva la mancanza di comunicazione. Certamente nei miei sogni la possibilità di comunicare è una costante, spesso legata ad un telefono cellulare. Si vede che è importante, e spesso ho paura di non saperlo fare, non perdere il contatto profondo con me stesso.

lunedì 23 ottobre 2006

I confini della persona

Quali sono i confini di una persona?
Ogni essere vivente che occupa lo spazio ha dei confini. Cioè è confinato entro un volume.
Se stampo una foto e ritaglio con un paio di forbici il contorno dei miei vestiti, delle scarpe, se giro intorno alla mia testa lucente, alle orecchie, e con attenzione intorno alle dita per non mozzarle, ottengo una approssimata visione del mio confine.
Meglio se lo faccio allo specchio, riesco a percepire la distinzione fra me e gli altri oggetti intorno, con piccoli movimenti del corpo.
Di più se tocco il mio corpo con le mani: avverto fisicamente la mia presenza, ci sono, sento dove finisce il mio fondoschiena e inizia la poltrona su cui sono seduto, o dove il polpastrello viene a contatto con qualcosa di esterno come la tastiera del computer dove sto scrivendo.
Nell'acqua della piscina, nuoto concentrato nei miei movimenti, nella respirazione, prendo contatto con me stesso.
Questa sensazione la percepisco anche quando ricevo una carezza da mia moglie o quando abbraccio un figlio, quando stringo la mano per salutare qualcuno.

Ma sono veramente questi il confini di una persona? Oppure ci sono delle propaggini oltre il proprio corpo?

Escludendo che voglia parlare di occulto o di auree corporee, certamente penso che i confini reali siano quelli determinati dalla psicologia di ciascuno.

Tutto ciò che è in grado di modificarmi, in qualche misura è parte di me, nel bene e nel male.

Ma qui non vale il concetto del "grande è bello". Perchè chi non riesce a porre dei confini attorno al proprio sè è nei guai; tenderà a riferire tutto a se stesso e soffrirà per ogni osservazione, per ogni giudizio, per ogni contrarietà, sia che venga da un amico, da un famigliare, da un superiore, o addirittura da un estraneo.

[Penso alle arrabbiature che colgono improvvise quando qualcuno da un'altra automobile ci apostrofa malamente. Eppure è un estraneo, magari aveva anche torto o no, ma il suo giudizio in quel momento sembra universale, definitivo e inappellabile].

Avere dei confini è essenziale! Se non avessi dei confini sarei nell'impossiilità di conoscermi, di apprezzarmi, di piacermi.

venerdì 20 ottobre 2006

Aver paura della propria ombra

Chi ha paura della propria ombra è considerato un debole, un vigliacco. Non solo non è in grado di affrontare un avversario reale ma vede nemici immaginari anche dove non ci sono.

Guardandosi in giro, sembra che il modello dominante sia essere super-eroi: avere successo, essere-determinati, dominare il gruppo, essere-vincenti.

L'ombra non è accettabile!

Eppure, chiedere conferma a qualsiasi psicologo: una sana autostima non passa da questo tipo di percorso; apparire sempre sicuri di sè e sforzarsi, con tutte le proprie energie, di ottenere questo risultato, non conduce ad avere una autostima, anzi è un segnale che dovrebbe allertare; attenzione: sei nella direzione opposta.

Cito, solo perchè sentito di recente da un concorrente di un reality-show eliminato:
volevo essere un supereroe, volevo dimostrarlo alla mia bambina...ho fallito.


Volevo essere un supereroe? Ma chi glielo ha messo in testa?
Volevo dimostrarlo? Ma possibile che ci creda veramente?
... a mia figlia? Oddio che premesse di infelicità!

Non voglio giudicare. Sarà perchè ho attraversato fasi della mia vita in cui l'imperativo era essere "perfetto" a tutti i costi, ma penso di avere sufficientemente chiaro che per stimare se stessi occorre sapersi riconciliare con le proprie debolezze, con le proprie ombre, occorre "l'accettazione della propria ombra" (imperfetta citazione di C.G. Jung).

Aver paura della propria ombra, mi sembra soprattutto aver paura a guardare dentro di sè.
Guardare dentro di sè significa anche riconciliarsi con la la propria storia, farla diventare il proprio capitale, assumersene la responsabilità.
La propria ombra fa paura - e come non potrebbe, rappresenta la parte oscura di noi, la parte più spregevole, più ripugnante, contiene i desideri innaccettabili alla coscienza - però si può aver coscienza che, in realtà, l'ombra è il luogo dove si cresce, (non il dossier del perfetto marketing, nè l'ultimo manualetto su "come essere felici").

E' vero che l'autostima ti rende indipendente dall'opinione che gli altri hanno di te, ma non per questo si porta con sè il frutto marcio dell'arroganza, dell'indifferenza, dell'aggressione verso il prossimo.

Considero i miei sogni l'ombra delle mie vere ombre; è nei ricordi dei sogni rimasti attaccati alla coscienza che intuisco le paure che si agitano nel mio cuore ed è attraverso la loro elaborazione che posso confrontarmi con i "valori" che ho consolidato nella mia vita, con i miei ideali, con la mia spiritualità, per continuare il mio personale percorso.

lunedì 16 ottobre 2006

Genitori insensati

La notizia viene dall'Inghilterra ma è sufficiente essere a contatto con il mondo dei genitori per capire che i risultati sono estendibili anche in Italia.
Ne parla un articolo di repubblica.it di E.Franceschini del 14/10/06

In italiano suona un po' forte "mad parent". Più che genitore folle o pazzo, io direi genitori insensati.
E' la generazione dei genitori che non vogliono far mancare niente ai propri figli.
Che parlano di loro alle zie, ai vicini di casa e ai colleghi di lavoro, agli amici e soprattutto ai genitori coetanei, descrivendo percorsi che s'involano "di trionfo in trionfo".

Aspettative massime sui risultati scolastici, prestazioni record negli sport che i ragazzi sono obbligati a seguire (andate a vedere una partita di calcio di un torneo giovanile e date le spalle al campo di gioco. Si renderà subito evidente la "follia" di alcuni genitori). Ma poi si vorrà far mancare un po' di cavallo che stimola il contatto con la natura; un po' di arti marziali, che oggi sapersi difendere è importante, e poi come si fa senza un sostegno per la conoscenza della lingua inglese e tedesca?
Aggiungo io: pare che l'unico campo dove si può soprassedere e mostrare tutta l'amorevole comprensione per i bambini è la frequentazione del catechismo. Ma si sa, la religione non facilita la competizione (salvo poi lamentarsi per l'invasione culturale dell'Islam nelle nostre città...)

Troppo amore...verrebbe da dire. Ma che amore?
A me viene da chiedermi: chi pagherà il conto di queste pressioni insensate, in termini di frustazione, depressione, disorientamento, nevrosi?


(Sogno 15/10)

Il gruppo di amici risale in macchina le colline alla ricerca di un casolare che possa essere riadattato e servire come riferimento per costruire un piccolo agglomerato di case. Si pensa a un cortile dove si affacciano le finestre degli abitanti, a un porticato che ripari dalle intemperie, alla risistemazione dei muri di pietra. E intanto il paesaggio scorre fra campi verdi che seguono le pendenze delle colline e strade tortuose che scompaiono dietro ad ogni curva e sembrano riapparire un po' oltre.
Qualche sparsa costruzione incontrata sembra non idonea allo scopo e allora si prosegue.
Fino a quando sorpende la vista un grande avvallamento disboscato da ruspe e ingombranti muraglioni di contenimento.
Il gruppo di amici scende incuriosito da tanto scempio, e individua una casa seminascosta. Entra.
La casa è abitata da un polipo-donna. E' una donna tentacolare che invita i suoi ospiti con l'apparenza del sorriso e della protezione ma di fatto li cattura, li rende prigionieri. Schiavi della sua centralità. E' l'addio ai sogni fatti per costruirsi una casa a misura propria, è la cattività.

sabato 14 ottobre 2006

Stand up

Stand up contro la povertà.

Questo blog "Come si cambia" aderisce.

15 ottobre 2006

CONTRO LA POVERTA’.
ALZATI PER GLI OBIETTIVI DEL MILLENNIO



"Alzati cammina"; E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. (Gv 5, 8)

mercoledì 11 ottobre 2006

Quando qualcosa sta troppo stretto

(Sogno del 4/10)

Sono a bordo di una piccola utilitaria e devo posteggiare lungo una fila di macchine.
Mi affianco, metto la retromarcia, sterzo, controsterzo...Forse lo spazio non è sufficiente per farci stare la mia.
Provo. Mi appoggio alla macchina di dietro. Spingo un po'. Ora in avanti, una spintarella.
Non basta. Bisogna essere più decisi. Un colpo dietro e uno davanti, poi nuovamente crok, crak. Non c'è niente da fare, e in più sono incastrato. Ora me ne vado: ancora un srkak, skrisc e faccio inversione.
"Meglio che mi fate fare qualcos'altro!"
Infatti mi ritrovo in una chiesa. Affollata, troppo affollata; tutti in piedi, così si fa perfino fatica a respirare. Sgomito a destra e a sinistra per farmi un po' largo, inoltre io non sono molto alto, sono circondato da teste e schiene, poi vedo delle sedie accatastate; le raggiungo ne scelgo una, la assesto proprio lì dove la folla si accalca e faccio per sedermi. Vedo accanto a me Mariateresa e allora faccio sedere lei.
Quando qualcosa ti sta troppo stretto devi riuscire a dargli spazio; non è necessariamente questione di conquista di "territtorio", potrebbe essere, per esempio, dare spazio alla propria creatività. La creatività è una forza che può esprimersi in modi diversi anche se non si è "artisti".
Può essere un'attività lavorativa, il volontariato, un hobby, un blog.

lunedì 9 ottobre 2006

Lessico famigliare

Leggendo Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, mi sono reso conto che anche la mia famiglia ha un suo lessico costruito negli anni.
Inizio a fare un primo inventario.
  • Argotone = Con lo slogan: "Argotone le goccine delle ciccione" si tentava di distrarre Marianna mentre si applicavano le gocce al naso.
  • Capretto = Sono io il tuo figlio capretto? Errore di Benedetto che voleva dire "prediletto".
  • Cavalco l'onda = Fare avanti e indietro per il corridoio dandosi importanza (provenienza Antonio).
  • Giro dei misci = Il giro dei misci, è una breve passeggiata serale intorno al borgo di S.Bernardo (Torrazza- S.Olcese), a piedi; si esce senza borsellino, perchè non si spenderà nulla (misci - senza soldi in genovese).
  • Robottino = Darsi da fare freneticamente senza misurare le proprie energie (Mariateresa, in genere rivolta ad Enzo).
  • Quando io sarò grande e voi sarete piccoli = Rivolto da Antonio ai suoi genitori, per dire...ve ne accorgerete!
  • Quantrona = La quantrona era, per Marianna bambina, la poltrona. Essere quantroni significa stare indolentemente ma anche bonariamente a poltrire.
  • Sacco di patate = In origine, locuzione rivolta da Marianna al suo bambolotto che non ballava in maniera adeguata alle sue aspettative.
  • Schiumoso = Non fare lo schiumoso; Non fare schiamazzi. Rivolto da mariateresa ai figli.
  • Topus = Appellativo dato al criceto, deriva dalla trasmissine televisiva Zelig dove il presentatore Bisio veniva chiamato "Bisius".
  • Zitti muti e subite = Da Marianna rivolta ai fratelli.


Telefonare al proprio passato

E se attraverso il telefono si potesse richiamare il proprio passato?
Se componendo il vecchio numero di telefono (un vecchio telefono nero di bachelite sopravvissuto al tempo) dall'altra parte rispondesse un "se stesso" ancora bambino?
Non sarebbe l'occasione per chiarire tanti aspetti della propria vita e della propria adolescenza, per gettare una luce nuova sui nostri genitori?

Sembra essere questo lo spunto che anima il romanzo di W.Veltroni, "La scoperta dell'alba".

Mi sembra una metafora e un'idea che si può raccogliere anche senza telefono di bachelite, perchè comunque, alla nostra infanzia dove c'è la chiave di ciò che siamo oggi, possiamo arrivare tramite una linea di "chiamata" interiore che è aperta o attende di essere aperta, volendola cercare...

giovedì 5 ottobre 2006

Come una goccia (Tony Daga)


Oggi abbiamo ricevuto in regalo un CD-rom con una elaborazione di canzoni e poesie di Tony Daga.
Antonio ha amato le persone che ha incontrato nei suoi 25 anni di vita (Genova 13/06/1958 - Loppiano 18/12/1983).

Per me era un grande amico: con lui, e con altri ragazzi e ragazze, condividevo gli stessi ideali e lo stesso totalitario impegno nel vivere e diffondere il Vangelo.

Oggi, alla luce dell'esperienza personale della mia vita, di quegli anni, che pur mantengono tutta la loro autenticità e la loro profondità, ho un ricordo critico e per alcuni versi "duro".
Rimane soprattutto intatto il rapporto costruito con le persone che ancora oggi stimo e saltuariamente frequento con gratificazione.

Alla canzone "Bianca Neve", della quale riporto qui sotto il testo, sono particolarmente affezionato e con me anche Mariateresa perchè Tony veniva a cantarla in casa nostra quando freschi del dolore per la morte della nostra piccola Marta (11/01/1981), lui veniva a sostenerci con la sua presenza e con il suo affetto.

Il CD è molto curato nell'arrangiamento, nelle voci, nella scelta della grafica che accompagna il libretto dei testi; sarebbe piaciuto molto a Tony che aveva una grande sensibilità (io allora gli dicevo "Sei pignooolo!") e ci teneva che ogni cosa fosse fatta nel migliore dei modi.

Se qualcuno fosse interessato lo può acquistare via internet cliccando su http://www.azionimusicali.com/


BIANCA NEVE

Quando a fiocchi lenti discende la neve
Tutto diventa più bianco
Quando le mille stelle di neve si posano
Tutto diventa più candido
E il cuore di chi più nulla e nessuno ha
Solo la neve lo ricoprirà e riscalderà
E il cuore, sì il cuore di chi a Te tutto ha dato già
Solo la neve gli resterà
Dolce neve, lieve neve, bianca neve

Quando la neve da la sua vita al mondo
Tutto diventa più chiaro
Quando la neve perde la sua vita sul monte
Tutto mi appare più candido

E il cuore di chi più nulla e nessuno ha
Come la neve si scioglierà ma vincerà

E il cuore, sì il cuore di colei che neve è stata già
E ancor oggi nuova neve scenderà

E il cuore, sì il cuore di chi una breve vita da
Per amare e scomparire

Come la neve, dolce neve, bianca neve

mercoledì 4 ottobre 2006

Seduto in quel caffè


(Sogno del 29/9)

Non l'ho fatto apposta, ma il sogno che sto raccontando è del 29 Settembre e inizia come la famosa canzone di Mogol-Battisti: 29 Settembre.
"Seduto in quel caffè...."

La similitudine sembra finire qui. Oppure, chissà "....io sto pensando a te."

Seduto in quel caffè, sono insieme ad una di quelle persone super-salutiste che avendo il terrore di prendersi delle malattie puliscono ossessivamente tutto quello con cui vengono in contatto. E' un bar all'aperto lungo una passeggiata sul mare. Ci viene servito un fumante e profumato risotto allo zafferano.
Ed ecco che si avvicina al tavolo uno strano personaggio, lì per lì sembra un mendicante o un venditore ambulante. La sua presenza è prima incombente e poi invadente perchè, pur rimanendo in piedi, si prende la libertà di assaggiare il risotto e di versarsi dell'acqua nel bicchiere.
Siamo stupiti e anche un po' spiazzati di fronte a questo comportamento inaspettato, ma infine, prendendo coscienza, chiamiamo il cameriere per ricevere un aiuto.
L'intruso a questo punto se ne va, col piatto del risotto fumante in mano.

Sembra di vedere una candid-camera. In una situazione del genere verrebbe da ridere alle spalle dei malcapitati che presi alla sprovvista sembrano incapaci di "difendere" il loro territtorio. Si fanno sopraffare e hanno bisogno di un aiuto esterno per scacciare l'intruso che comunque se ne va col bottino.
La fobia delle malattie sembra accentuare la paura di una invasione "da fuori" che in effetti, quasi evocata, puntualmente arriva, non sottoforma di un virus o di un batterio invisibile ma attraverso un uomo-batterio-vagabondo; che poi è la stessa cosa.
Per difendersi dalle malattie ci sono due sistemi: Curarsi se l'invasione è già avvenuta. Prevenire se ancora si è in tempo. Meglio la seconda.