lunedì 31 luglio 2006

Mare o Monti?

Io, in gioventù non avrei avuto dubbi a rispondere: Mare. Appena finiva la scuola mi precipitavo al porticciolo di Nervi e per tutta l'estate, armato di un semplice asciugamano, passavo la giornata con gli amici, tra sole e acqua. La montagna era fuori dalle abitudini della mia famiglia; semplicemente non esisteva. L'unica meta possibile delle ferie era Scoglitti (Vittoria) dove una sabbia impalpabile e un mare-brodo completavano il colore l'abbronzatura africana.

Il "si cambia" è stato graduale, complici i gusti di Mariateresa, con un progressivo amore verso la quiete e le temperature miti della montagna.
Salire per un sentiero non troppo ripido per ore, misurando il proprio respiro al ritmo dei passi, passare in un bosco odoroso di umidità o attraversare un pascolo con l'erba mossa dal vento; salutare ogni persona che si incontra sulla via scambiandosi un rapido sguardo di complicità.

Oggi il mare mi piace ancora, ma devo cercarmi posti e periodi tranquilli, lontano dagli schiamazzi eccessivi e dalle file regolari di ombrelloni.
Mi piace il mare d'inverno, quando il maestrale solleva gli spruzzi d'acqua e ne porta l'odore alle narici. Mi piace il mare quando puoi percorrere lunghe passeggiate fra le conchiglie portate dalla risacca, senza inciampare in bambini strillanti o giovani che scambiano il bagnasciuga per uno stadio olimpico.
Mi piace il mare, ma non mi piace il rito della cottura al sole. E' un bel salto da parte di uno che si vantava di avere una pelle scorza-siciliana, insensibile alle scottature solari.

Tutto questo per ambientare il mio sogno

(Sogno del 31/7)

Gli ultimi amici si sono allontanati con l'automobile; io ho deciso di rimanere nel paese.
Dal residence che mi ospita mi dirigo verso la verde conca naturale che si apre oltre la strada, oltre la curva.

La strada del paese è esageratamente deserta e silenziosa anche per una piccola località di montagna come quella che mi ospita.

Non ho una risposta ma un po' mi inquieta; proseguo nel breve tragitto finchè affaccio il mio sguardo nel prato in cui mi sto dirigendo.

Una visione allucinante mi paralizza: sterminate file di corpi sdraiati ordinatamente al sole, sembrano carte da gioco allineate nel tavolo verde per un colossale solitario.

Non ci sono parole, non ci sono movimenti, solo corpi; adagiati su asciugamani rossi, verdi, gialli, sembrano essere stati tele-trasportati da una spiaggia dell'adriatico per il rito di una abbronzatura di massa. Come in un film di fantascienza sembrano obbedire a un cieco comando che impone loro ogni gesto della loro vita.
Scappo.

mercoledì 26 luglio 2006

Refrigerio

Domenica pomeriggio, di ritorno da una settimana di montagna la calura è ancora più insopportabile. Quasi inutile rifugiarsi nella casa di campagna sperando che le spesse mura e il verde del frutteto possano alleviare il disagio.
L'unica idea è sdraiarsi sul letto e assopirsi.
Il rumore sordo di un tuono, una, due, tre volte. Non sto dormendo, ho gli occhi chiusi e le gambe immobili, ma sono ancora in grado di distinguere che proviene dal mondo reale.

Un attimo dopo mi ritrovo affacciato alla finestra; il cielo è quasi completamente coperto di nuvole e nella valletta che si apre fra le colline alla mia sinistra avanza un minaccioso, cupo, incarognito temporale.

I
mprovvisamente un vento poderoso scuote gli alberi sollevando una marea di foglie secche che volteggiano in tutte le direzioni.
Le finestre spalancate sbattono ripetutamente chiudendosi e riaprendosi di nuovo, freneticamente, come torturate
malignamente da un irrispettoso ragazzino.
Poi odore di bagnato. Ma ancora non piove, è il vento che trascina con sè le goccie di acqua nebulizzate cadute qualche chilometro più lontano.
Polvere d'acqua che in pochi secondi satura l'orizzonte visivo. E' come stare in una sospensione di felicità. Un raggio di sole filtra quanto basta a illuminare e accendere i colori dell'iride; un tripudio di lucentezza che lascia sbigottiti, rinfrancati, gratificati, sfiatati.
Chiamo qualcuno "Guardate, guardate!"

Quando mi risveglio mi dirigo verso la finestra, fuori l'aria è stagnante e rovente, nessun segno che confermi i miei ricordi. Richiudo gli occhi e riassaporo il rifrigerio, prima che svanisca per sempre nelle stanze della mia mente che l'ha generato.

sabato 22 luglio 2006

L'ape e il pollice

I bassi casolari di mattone nudo e quelli intonacati di bianco accecante, formano quasi un cerchio, racchiudono lo spazio dove le attività in comune si svolgono nel corso della giornata.
Gli uomini sono già andati da tempo nei campi, oltre le casupole, dove il grigio verde cangiante degli ulivi allineati in filari che si perdono alla vista, si alterna con le macchie scure dei vigneti di uva cerasuolo, piantati nella sabbia indorata.
Tutti, avidi di sole, si preparano a restituire a tempo debito i forti sapori di quella terra.

I fichi d'india in fiore, rimangono come sentinelle dalle lance spinose e attente a custorire le donne che si dividono i compiti occupandosi di imbastire il sugo di pomodori freschi e di tagliare le melanzane in sottili striscioline; di lavare i panni alla pila, di spazzare per una volta ancora la polvere che sembra nascere dal pavimento.
L'erba rigogliosa è di un verde ancora tenero, più rigogliosa vicino al pozzo, dove i secchi d'acqua straripano e bagnano la terra con abbonanza e generosità.
Il piccolo Enzo ha quattro anni e non è per niente consapevole di tutto questo affresco di vita; corre divertito e impertinente a disturbare il lavoro della nonna e poi quello delle zie, a cercare i complimenti delle vicine e delle comari.
La voce della mamma che sta risciaquando le lenzuola, lo richiama:
"Prova a portarmi qui quel secchiello di acqua, vedi se ce la fai!".
E' un nuovo gioco; di corsa verso il pozzo.
Tra i fiori rossi e gialli che esplodono di vita in quella primavera avanzata, si aggirano piccole creature gialle e nere che volano alacremente senza sosta.
Lì, sul manico del secchiello ce ne sono tante, ma Enzo non sa che sono api, fanno parte, come tutto il resto, di una cornice ancora non chiara che è il mondo oltre il suo bene, la mamma.
Un attimo di stupore assoluto, il bruciore irresistibile del dolore al pollice , il piccolo insetto che giace morto in terra, poi il pianto!

Dove andiamo dopo la morte?

Ho letto che una delle domande più frequenti che i bambini fanno agli adulti è:
"Dove andiamo dopo la morte?"

Dove Andiamo dopo la morte? Come risponderei io a una domanda così diretta?

Per prima cosa risponderei che torniamo ad essere terra. Le strutture molecolari che compongono il mio corpo e i cui legami determinano la mia esistenza, si decomporranno e si confonderanno con altri elementi, si aggregheranno in altri composti e saranno parte di una pianta, di un minerale, di insetti ... Non è un fatto romantico, è la legge della vita. "Polvere sei e polvere ritornerai", è una verità consolatoria; mi dà il senso di una profonda appartenenza al cosmo.

Ma non solo: penso che dopo la morte sarò in qualche maniera nel ricordo delle persone il cui amore ho coltivato.
Ma la parola "ricordo" è fuorviante, perchè non di memoria fatta di episodi si tratta, ma di qualcosa di più profondo. C'è una continuità che fa sì che una parte essenziale di me avrà un luogo oltre la mia vita; certo a partire dai miei figli ma non solo limitato a loro.
C'è una parte del mio papà in me quando emerge il mio stupore di fronte all'ingegno della scienza e della tecnologia e c'è un po' della mia mamma quando traspare la sensibilità per lo spirito, il bisogno di aprirsi alle relazioni umane.
Non so valutare quante delle mie idee o della mia cultura siano passate o stiano passando ai miei figli, ma intuisco che tanto di me, plasmato con tanto di Mariateresa rimarrà in loro. Indipendentemente dalla loro volontà e dalla loro consapevolezza.

La terza è riservata a chi è nelle tracce di Dio. Dove andiamo dopo la morte? Un solo posto è degno di essere immaginato e sperato. Fuori dal tempo e dallo spazio, in una globalità che contiene la definitiva visione spettacolare del creato, una festa e tripudio senza soluzione di continuità , una gratificazione e un senso di appagamento definitivo, una pace e godimento appena intuibili.

venerdì 14 luglio 2006

Amare e lasciar liberi

Mi capita di vedere genitori che con tecniche raffinate, il più delle volte inconsapevoli, manipolano e orientano la vita dei propri figli, riuscendo spesso ad ottenere quello che vogliono: il diploma al liceo, un successo nello sport, il matrimonio in chiesa, l'adesione alla propria parte politica, la scelta degli amici...

Si capisce, nel compito di educare si cerca di trasmettere dei valori e si desidera che coincidano con i propri, perchè si è convinti della validità delle proprie scelte.
Ma se fra questi valori c'è la "libertà".... Educare i figli alla libertà , non dà alcuna garanzia sul fatto che da adulti faranno le tue stesse scelte.
E' un rischio che si deve correre, se si è convinti che la libertà è un valore.
Per esperienza personale, devo dire che brucia un po' quando si deve prendere atto di stili di vita diversi.
Amare e lasciar liberi.

E' più facile volerlo per se stessi che per gli altri.

Alla ricerca di modelli che confortino questa scelta ne trovo uno che supera tutti gli altri: è Dio stesso.
Fra quel poco che intuisco di Lui c'è che ha creato l'uomo e la donna liberi, così liberi da poter scegliere se Riconoscerlo o Non-Riconoscerlo.
E non scende dal cielo per recriminare il suo ruolo.

Dicono che continui ad amare ogni sua creatura, comunque, a prescindere.

lunedì 10 luglio 2006

Po-po-po-po-po-po!

Con alcune immagini della festa, chiude il blog che ho dedicato al matrimonio di Marianna e Dario.
Grazie a tutti quelli che con la loro presenza, con telegrammi e con fiori, hanno voluto dimostrare l'affetto per questi due ragazzi.


Clicca qui per accedere al blog di Marianna e Dario.


Le emozioni più profonde sono quelle racchiuse nella parte più nascosta del proprio cuore.
Lì, si sovrappongono: gioia, malinconia, soddisfazione, cruccio, aspettative, orgoglio...
Al termine della festa MariaTeresa ed io ci siamo presi per mano, un cenno viso a viso, ci siamo capiti. Avanti!
Come si cambia.

domenica 9 luglio 2006

sabato 8 luglio 2006

Bacini

(Sogno del 6/7)

Bacini, carezze, moine, affettuosità, amorevolezze, attaccamento, premure, dolcezze, delicatezze...
...dalla mia bambina.

lunedì 3 luglio 2006

Turni

Fin da quando i ragazzi erano piccoli ho cercato di educarli all'idea che la famiglia è una piccola comunità in cui tutti devono contribuire con le loro capacità.
In questa prospettiva, per esempio, sono sempre stati stabiliti dei turni per sparecchiare la tavola e attivare la lavastoviglie.
Oramai sembrava uno stile consolidato. Improvvisamente da qualche mese i malumori. Recriminazioni verso chi ha saltato un turno o verso chi ha fatto male il lavoro, necessità di sollecitare ogni giorno l'intervento, e ancora contestazioni, incomprensioni...e Marianna si sposa bisogna rivedere tutto e come fare...un crescendo!

Finchè qualche giorno fa ho perso la pazienza, e malamente, perchè quando si urla si ha sempre torto, ho deciso dopo quasi venti anni la fine dei turni!
Io e Mariateresa ci divideremo il lavoro!
Chi vuole partecipare (rimangono i due maschi) lo può fare spontaneamente, altrimenti si va avanti così.

In realtà c'è molta amarezza in me e ho la sensazione che nonostante le mie buone intenzioni l'unico risultato è stato imporre delle regole mentre il messaggio che c'era dietro s'è perso.